«Ho cominciato a correre regolarmente nel 1986. A dire la verità fino a quel momento avevo giocato a calcio che era la mia passione principale. Se non ci fosse stato l’impiccio di quella cosa tonda che rotola e rimbalza, sarei stato anche un bel terzino: a fine partita avevo fatto il solco sulla fascia destra, a forza di correre avanti e indietro, ma con il pallone ho sempre avuto un rapporto un po’ ostile e anche con le caviglie degli attaccanti avversari. Tifavo Inter e quando il mio alter-ego Giuseppe Bergomi, di un mese più giovane di me, arrivò titolare in nazionale, io giocavo ancora riserva nel Tornano. Ho intuito che dovevo cercarmi uno sport senza palla».
«L’occasione mi venne, nel 1985, dalla mitica “campestre della Tomba di Sarsina”, che si correva nella prima domenica di settembre per la festa della piccola frazione, in mezzo a una vigna nei pressi della chiesa, fra la processione e il ballo sull’aia. Arrivai secondo alle spalle, mi pare, di Gilberto Martinini, che al termine della gara mi confessò, con naturalezza e senza nessuna superbia, di essere “andato a spasso”. Allora non avevo ben chiari i ritmi gara. Fu però l’inizio della mia passione per la corsa e per le gare. Fu anche il presagio del mio destino sportivo di eterno outsider».
«L’anno successivo, in febbraio, mi sono iscritto alla “Viroli sport”, dove già correvano Edgardo Pari, Mario Pantani, Mario Brandi e Pippo Gori. Formammo un bel quintetto di mercatesi e per un po’ andammo insieme alle gare quasi tutte le domeniche».
«All’inizio è stato veramente esaltante. Avevo meno di 23 anni e molta spinta agonistica. Ad aprile corsi la mia prima ora in pista, coprendo 15.753 metri (3’48” al km). Non era male per un principiante. Infatti i miei nuovi compagni di squadra, che mi vedevano correre quasi per la prima volta, mi adottarono con molto affetto. Il leader del gruppo era Loris Viroli, che mi diede qualche consiglio. A dire la verità, però ho sempre corso da autodidatta, anche al massimo delle prestazioni, mi sono sempre allenato senza istruttori e senza troppe tabelle»
«L’anno dopo (1987) correvo già sotto i 3’30” al km e cominciai a piazzarmi nei primi dieci in molte gare romagnole. Ai campionati italiani amatori, in settembre, provai i 5.000 in pista, correndoli in 16’12” (3’14” al km). Sempre nel 1987, ma in primavera, avevo voluto sperimentare troppo precocemente – sbagliando – la mia prima maratona, correndo i 42,195 km a Cesenatico. Conclusi 6° in 2h48’, ma mi feci mezz’ora in ambulanza ad aspettare che mi tornassero le forze per stare in piedi con le mie gambe. Mi ricordo ancora il sorpasso di Giovanni Sirotti sul lungomare a tre km dall’arrivo. Con la maratona non ho mai avuto un rapporto facile. Ne ho corse 10 in 24 anni, ma per un motivo o per l’altro mi sono spesso trovato a camminarne dei pezzi».
«Il mio periodo d’oro, tolta la parentesi del militare nel 1989, è stato fra il 1988 e il 1998. Sinceramente non so oggi spiegarmi come facessi a ottenere quei tempi. Misteri della fisiologia umana. C’è da dire che mi sono sempre allenato molto regolarmente, quasi sempre in perfetta solitudine. Non ho mai voluto strafare in quantità (80-90 km la settimana al massimo), ma sono sempre stato molto autodisciplinato nel lavoro settimanale, sia pure con uno schema molto semplice “fai da te”: un lungo da 23-24 km, un misto fartlek a ritmo quasi gara, una seduta di ripetute (solitamente 10x1.000 a 3’05”-3’10”). Più la gara la domenica: non tutte disputate però al massimo dello sforzo. Ho sempre cercato anche di dosare la fatica nel corso dell’anno, programmandomi per raggiungere la miglior forma nei due periodi di maggior impegno agonistico (primavera e autunno), recuperando nei periodi intermedi. Niente cardiofrequenzimetro, né integratori».
«La mia gara più bella? La “Cavalcata dei colli bertinoresi” di Forlimpopoli, nel 1993 (esattamente all’età di 30 anni, due mesi dopo il mio matrimonio. Si vede che sposarsi fa bene all’agonismo). Allora era una mezza maratona, su un tracciato molto impegnativo, con tantissima salita: arrivai secondo in 1h11’39”, a una ventina di secondi dal ferrarese Edgardo Farinelli, che allora era uno dei più forti emiliano-romagnoli in circolazione, e davanti a Stefano Righini e Ugo Moroni. Dopo quell’anno ho sempre cercato di ripetermi sullo stesso percorso allo stesso livello…ovviamente senza più riuscirci».
«Nel 1994 ho vinto il prestigioso campionato italiano dei dipendenti comunali, che si correva a Bibione. Non c’è niente da ridere. Era una gara vera. Infatti l’anno dopo, a Verona, tornai ad accontentarmi della medaglia di bronzo».
«Lo sport è una straordinaria metafora della vita: c’è la fase ascendente, in cui si imparano ogni giorno cose nuove; c’è la fase della piena maturità, in cui forza fisica, entusiasmo ed esperienza sono in perfetto equilibrio; c’è il momento in cui si è costretti ad accettare (possibilmente con serenità…porca puttana!) che non si riescono più ad ottenere le stesse performance di qualche anno prima e, magari, di essere sorpassati a destra da qualche giovane rampante e senza rispetto per gli anziani (tipo Lucio Fabbri, cazzarola!).
«Da questo punto di vista, la corsa non offre alibi e il cronometro è spietato. Sarà un caso, ma dal 1999 in poi (dopo i 35 anni di età), ho scoperto quasi di colpo che non riuscivo più a correre la mezza maratona sotto 1h14’. Compiuto i 40 anni non sono più sceso sotto 1h16’. Dopo i 45 non ho mai corso sotto 1h18'. Dopo i 50 non sono ancora (?) riuscito a scendere sotto 1h20'. Di questo passo, perdendo 2' ogni 5 anni, a 80 anni potrei ancora correre la mezza maratona sotto l'ora e 35...ma mi sa che la matematica in questo caso non regga alla prova delle gambe».
I miei record, per ora, risalgono quindi tutti al secolo scorso:
5.000 in pista 15’ 53”
10.000 in pista 32’ 04”
Ora in pista 17.785 metri
Mezza maratona 1h 09’ 23”
Maratona 2h 36’ 05”